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    Cos’è l’energia reattiva in bolletta?

    da Redazione | 17 Luglio 2020

    Nella rete elettrica esistono due tipi di energia, quella attiva, che viene trasformata in calore da dispositivi e apparecchi elettrici e quella reattiva che, al contrario, viene immagazzinata per poi essere rilasciata senza produrre lavoro utile. L’energia reattiva, dunque, è quella quota di energia effettivamente assorbita dai macchinari elettrici, motori e trasformatori ma non immediatamente impiegata e consumata per produrre forza, calore o movimento.

    In riferimento alla bolletta dell’energia elettrica, essa indica una penale applicata in virtù di un consumo eccessivo, la cui soglia, tanto quanto gli importi da pagare, che subiscono oscillazioni di anno in anno, sono definiti dall’Autorità. Ecco perché si paga la penale sull’energia reattiva e quali accorgimenti adottare per evitarlo.

    Energia reattiva in bolletta: perché e quando si paga

    L’energia reattiva intesa come penale in bolletta si applica alle utenze con potenza disponibile pari o maggiore di 16,5 kW, perlopiù aziendali, a causa di assorbimento della stessa superiore ai limiti consentiti.

    In particolare la penale in bolletta viene addebitata quando la quantità di energia reattiva prelevata dall’impianto supera il 33%, con un netto aumento degli importi addebitati in caso di superamento del 75%, espressi rispettivamente in fattura con le diciture Penale Reattiva 33 e Penale Reattiva 75.

    Sebbene l’energia reattiva non venga immediatamente consumata, in realtà l’eccessivo prelievo di energia dalla rete nazionale comporta innumerevoli problemi, che giustificano l’applicazione di una penale sulla quota energetica inutilizzata. Dispositivi e apparecchi di scarsa qualità sono, infatti, responsabili di causare ingenti dispersioni elettriche, così come un aumento del consumo di energia reattiva.

    Ciò comporta inevitabilmente la necessità di un approvvigionamento di energia dalla rete nazionale, su cui graverà il trasporto di questa quota energetica non consumata, con conseguente sfasamento, il quale, a sua volta, influirà negativamente sulla linea di distribuzione elettrica causando delle perdite.

    Ecco perché l’Autorità prevede in questi casi l’applicazione di una penale nei confronti dell’utenza, costringendola a pagare un importo chiamato energia reattiva, addebitato appunto direttamente in bolletta sotto forma di penale. Sebbene l’energia reattiva sia data dallo sfasamento tra tensione e corrente, che, invece, dovrebbe essere ridotto ai minimi termini, essa è comunque indispensabile per il funzionamento dei motori, pertanto non può essere del tutto eliminata.

    Tuttavia esistono alcuni accorgimenti per tenere sotto controllo i livelli di assorbimento dell’energia reattiva così da diminuirne sensibilmente il consumo, ecco quali sono e come fare per ridurre le spese.

    Energia reattiva: come controllarla per risparmiare in bolletta

    L’energia reattiva, se assorbita in grandi quantità, produce danni meccanici ed economici all’impianto, richiedendo elevati quantità di corrente. I contatori elettronici sono in grado di misurare sia l’energia attiva che quella reattiva di un impianto, permettendo di visualizzare entrambi i valori suddivisi per fasce orarie di consumo.

    Per controllare il livello di assorbimento di energia reattiva e limitare le spese in bolletta è dunque indispensabile controllare periodicamente questo parametro espresso dalla sigla R, che ne misura la quantità assorbita in Kvarh e la differenzia dall’energia attiva, indicata con la lettera A.

    Per azzerare le penali in bolletta è necessario intervenire direttamente sull’impianto per rifasarlo, operazione indispensabile soprattutto in caso di impianti di produzione come il fotovoltaico, che tendono a generare elevate quantità di energia reattiva.

    Ecco in che cosa consiste esattamente il rifasamento dell’impianto e come intervenire per diminuire l’energia reattiva.

    Energia reattiva: come ridurla con il rifasamento dell’impianto

    Il rifasamento dell’impianto consiste nell’installare dei condensatori, detti di rifasamento, per produrre la quantità di energia reattiva necessaria per il suo funzionamento, eliminando il rischio di assorbirne oltre i limiti consentiti.

    Allo sfasamento minimo richiesto tra tensione e corrente elettrica corrisponde un livello di potenza elevato, che rende necessario un intervento di rifasamento al fine di diminuire il consumo di energia reattiva.

    I condensatori di rifasamento non sono altro che generatori di potenza reattiva e, fornendo l’energia reattiva utile al funzionamento ottimale dell’impianto, permette di ridurre lo sfasamento tra corrente e tensione elettrica, evitando di prelevare energia dalla rete elettrica.

    L’intervento, che richiede la progettazione di un elettricista e l’esecuzione di calcoli tecnici precisi, operando un rifasamento corretto dell’impianto, permette di limitare le spese in bolletta, limitandole soltanto all’energia effettivamente utilizzata.

    Questi dispositivi installati sull’impianto elettrico assicurano inoltre una diminuzione delle dispersioni energetiche causate dal surriscaldamento dei cavi, incrementandone l’efficienza e le prestazioni.

     

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