La diffusione dell’energia elettrica ha rivoluzionato la società umana apportando un netto miglioramento dello stile di vita e favorendo l’aumento della popolazione mondiale.
Questo importante traguardo, in Italia e nel mondo, non è stato privo di difficoltà ed è, anzi, avvenuto, dopo innumerevoli battaglie, sia di tipo scientifico ed economico.
Prima di scoprire insieme quando è arrivata l’energia elettrica in Italia ripercorriamo quindi le principali tappe storiche di questo processo che ha rivoluzionato il modo di vivere dell’umanità intera.
Energia elettrica: origini e cenni storici
Una delle scoperte più interessanti che diede inizio ad una vera e propria corsa all’innovazione nel campo dell’energia elettrica risale agli anni Trenta dell’Ottocento, quando il fisico inglese Faraday creò un prototipo per trasformare la corrente elettrica continua in corrente alternata.
Il problema principale di quegli anni fu, infatti, l’erogazione dell’energia elettrica in modalità continua dalle dinamo e dalla batteria, che favoriva fenomeni di dissipazione producendo calore nel cavo conduttore su lunghe distanze.
Ciò rendeva necessario aumentare l’intensità della corrente, causando così un aumento degli sprechi di energia elettrica e contemporaneamente dunque un innalzamento dei costi.
Era dunque indispensabile ottimizzare la spesa di trasporto del flusso elettrico dalle centrali fino alle industrie e alle utenze domestiche, fu così che si innescò una vera e propria battaglia scientifica alla fine del XIX secolo, chiamata guerra delle correnti.
Un passo significativo fu compiuto da Antonio Pacinotti, che ottimizzò nel 1860 l’invenzione di Faraday realizzando un prototipo di commutatore ad anello (l’anello di Pacinotti appunto) che nel tempo permise di trasformare la corrente alternata.
Questo fu un progresso di cui si poté godere a livello pratico per scopi civili e industriali, pertanto innescò ancor di più la battaglia per ottenere la corrente elettrica nelle due forme, continua e alternata.
Ciò inasprì lo scontro tra due fazioni opposte, quella di Thomas Edison da una parte, sostenitore della corrente continua, e quella rappresentata da Nikola Tesla e George Westinghouse dall’altra, sostenitori della corrente alternata.
In realtà Tesla riuscì a costruire il primo prototipo di motore ad induzione nel 1887, basato su alternanze ricorrenti di elettroni che cambiano continuamente direzione di movimento.
Dopo essersi accorto che i generatori dell’epoca producevano energia elettrica con lo stesso meccanismo, ossia emettendo un flusso di corrente elettrica che invertiva la sua polarità in un determinato lasso di tempo, propose di utilizzare la sua scoperta per risolvere i problemi relativi alla corrente alternata.
Edison, fondatore della General Electric, rifiutò e fu così che l’invenzione fu finanziata dall’imprenditore George Westinghouse che, dopo aver fondato la Westinghouse Electric, diede vita alla distribuzione del modello, che è ancora quello utilizzato ai tempi odierni.
La corrente elettrica si produce, infatti, all’interno di centrali che la convertono tramite enormi alternatori i quali, ruotando intorno ad un elemento conduttore, producono flussi elettronici di diversa polarità, opposti ad altri due flussi di uguale tensione, il cosiddetto sistema trifase.
L’energia elettrica viene, così, inviata alla centrale di distribuzione senza dispersioni termiche, dove la sua tensione viene diminuita per ragioni di sicurezza grazie a grandi trasformatori, più precisamente a 400 volt per gli impianti industriali e per quelli domestici viene ridotta a 230 volt.
Quando è arrivata l’energia elettrica in Italia: i primi impianti
Nel 1881 Giuseppe Colombo promosse il Comitato per lo sviluppo dell’energia elettrica in Italia, che consentì di incentivare la nascita di istituti e corsi di rilievo negli anni seguenti.
Fu il 1883 l’anno che vide nascere a Milano, in via Santa Radegonda, la prima centrale elettrica Italiana, adibita all’alimentazione del Teatro adiacente, mentre il primo impianto idroelettrico d’Italia fu quello di Isoverde a Genova, seguito poi negli anni a venire da quello sull’Adda (1898) e sul Ticino (1901), rispettivamente a Paderno e a Vizzola.
Nel 1886 al Politecnico di Milano nacque l’Istituto Elettrotecnico Carlo Erba, mentre un anno dopo a Milano furono inaugurati diversi corsi di elettrotecnica, così a Torino nel 1888.
I primi impianti elettrici in Italia furono dunque centrali termoelettriche a carbone collocate all’interno di grandi centri urbani, solo in seguito fu possibile lo sfruttamento del bacino idroelettrico delle Alpi grazie allo sviluppo della rete di trasmissione nazionale.
La produzione idroelettrica raddoppiò poi negli anni compresi tra il 1915 e il 1918, quando si verificò una drastica riduzione delle altre fonti energetiche.
Fu proprio grazie all’energia idroelettrica così ottenuta che ebbe inizio in Italia uno sviluppo di tipo industriale, che sembrò rendere quasi autosufficiente il nostro Paese dal punto di visto energetico.
Nel 1904 a Larderello venne invece costruita la prima centrale geotermoelettrica al mondo, ancora oggi funzionante, sebbene, a causa della ridotta potenza, non arrivò mai a soddisfare più dell’8% del fabbisogno nazionale.
Soltanto nel 1914 il 74% della potenza elettrica installata in Italia fu di origine idrica ma a partire dagli anni Novanta iniziò una diffusione capillare e molto rapida di impianti eolici e fotovoltaici, che, sfruttando l’energia del vento e le radiazioni solari, permisero di ottenere energia elettrica senza il ricorso ad alternatori o dinamo.
Anche le biomasse iniziarono a prendere piede come fonti di energia pulita, abbandonando il ruolo fino a quel momento marginale e contribuendo ad un processo di affrancamento dalle fonti fossili.
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