Una centrale a biomasse è un tipo di impianto che sfrutta l’energia rinnovabile proveniente dalle biomasse ottenendola tramite processo di combustione diretta delle stesse oppure per gassificazione o estrazione di gas di sintesi.
Le biomasse non sono altro che fonti rinnovabili ma allo stesso tempo sono attualmente ritenute una delle fonti di riscaldamento domestico a maggiore emissione di particolato, sostanza ritenuta responsabile di un numero molto elevato di decessi da inquinamento del nostro Paese.
Proprio l’uso di biomassa legnosa, come legna, cippato e pellet, come combustibile per caldaie, stufe e camini, sembra essere cresciuto a dismisura negli ultimi anni, sia per gli innumerevoli vantaggi che offre in termini economici rispetto ad altri combustibili sia perché incentivato dalle normative nazionali ed europee.
Tuttavia la questione dell’impatto ambientale delle centrali a biomasse risulta ancora oggi controversa, dividendo da una parte chi sostiene questi impianti come una buona soluzione per controllare le emissioni inquinanti da chi, al contrario, vede in questi macchinari soltanto un pericolo per l’ambiente.
Entriamo quindi nel vivo del dibattito per analizzare come funzionano le centrali a biomasse, quali sono i vantaggi ad esse connessi e quali i rischi per l’ambiente.
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Centrali a biomasse: ecco come funzionano
Le centrali a biomasse funzionano per combustione indipendentemente dalle biomasse da cui attingono, che possono essere sia solide che liquide.
Le centrali a biomasse solide sono macchinari tradizionali che lavorano tramite forno di combustione e producono energia ricavata da biomasse solide (legno, cippato, paglia) per mezzo di una turbina a vapore accoppiata ad un generatore.
Le centrali a biomasse liquide utilizzano gruppi elettrogeni ossia motori accoppiati a generatori e funzionano tramite oli vegetali e biodiesel attraverso cui producono energia rinnovabile.
Il processo di combustione, in tutti i casi elencati, avviene a temperature non superiori agli 800°C per consentire di trasformare le biomasse, solide o liquide, in energia tramite calore.
La caldaia da esso alimentato può, così, garantire il riscaldamento dell’ambiente circostante grazie allo sfruttamento dell’energia termica, oppure produrre vapore per generare energia elettrica azionando una turbina.
Le centrali a biomasse possono funzionare anche tramite digestione anaerobica di substrati diversificati, dal letame ai residui organici.
Si tratta di un processo di fermentazione e metanizzazione che trasforma la materia in assenza d’aria per mezzo di batteri che, alimentandosi di materia organica, producono gas metano e digestato.
Per capire quanto inquinamento produce una centrale a biomassa è necessario prendere in considerazione i pro e i contro del processo di combustione.
Ecco quali sono gli aspetti positivi e quali i fattori che hanno spinto a considerare le biomasse altamente dannose per l’ambiente.
Centrali a biomasse e inquinamento: riscaldamento domestico e biogas
Le biomasse sono ritenute una fonte energetica rispettosa dell’ambiente in quanto, grazie al processo di combustione, permettono di produrre una quantità di anidride carbonica pari a quella assorbita durante il processo di crescita.
Questo aspetto positivo ha spinto le politiche europee a finanziare l’uso delle biomasse e ad aumentare la tassazione sui combustibili liquidi e poi sul metano, portando, così, ad una diminuzione del rilascio di polveri sottili pari al circa il 60% soltanto nel settore dei trasporti.
Tuttavia le emissioni di polveri sottili prodotte dal riscaldamento domestico sono drasticamente aumentate negli ultimi anni a causa delle biomasse legnose, che, se non gestite in modo efficiente, possono generare quantitativi davvero elevati di sostanze inquinanti.
Uno dei fattori più gravi di inquinamento atmosferico urbano è dovuto, non a caso, ad un uso inadeguato della legna per il riscaldamento domestico, a cui si aggiungono altre concause quali il tipo di caldaia, la frequenza di manutenzione e la tipologia di biomassa legnosa impiegata.
A confermarlo un recente rapporto Enea che avrebbe evidenziato come il 99% delle emissioni di Pm2,5, siano oggi prodotte da impianti a pellet e a legna mentre la percentuale di inquinamento totale da esse derivante risulterebbe attualmente essere pari al 56%.
Le conseguenze delle emissioni inquinanti generate dalle biomasse bruciate risultano altamente dannose non solamente per i terreni agricoli ma soprattutto per la salute di uomini e animali.
Gli impianti a biomasse, infatti, sono responsabili di liberare nell’atmosfera sostanze inorganiche e fumi a elevate temperature di combustione, che, come già accennato, raggiungono gli 800°C.
Le stesse, dopo che volatilizzano, si ricombinano sotto forma di particolato, ossia di polveri sottili, solide o liquide, che restano sospese in aria per un periodo di tempo variabile in rapporto al loro diametro e in funzione della loro massa.
Proprio questa caratteristica consente alle particelle di penetrare, in misura diversa a seconda del diametro, nell’apparato respiratorio degli esseri umani, oltre che degli animali, fino ad arrivare direttamente nel sangue quando il particolato diventa estremamente fine.
Biogas: quali rischi per ambiente e salute
La stessa combustione del biogas è un processo ad alto impatto ambientale in quanto, contenendo in sé metano soltanto al 55-60%, risulta ben più inquinante dello stesso metano.
Le centrali a biogas sono ritenute responsabili di alcune epidemie, come quella di Escherichia Coli che colpì la Germania nel corso del 2011, causando gravi infezioni e decessi umani, oltre che danni agli animali.
La spiegazione viene presumibilmente attribuita al fatto che questa tipologia di impianti lavora senza riuscire a neutralizzare del tutto i batteri presenti, in particolare quelli termoresistenti, tra cui si classificano quelli responsabili del botulismo e del tetano.
Le percentuali di sostanze inquinanti emesse nell’atmosfera tramite centrali a biogas, come zolfo e ossido d’azoto, sono talmente elevate da produrre piogge acide e rappresentare un grave pericolo per la popolazione e l’ambiente.
Sebbene ritenute dannose per il cambiamento climatico e per l’inquinamento atmosferico, all’energia da biomasse sono attribuiti alcuni vantaggi rispetto ad altre energie rinnovabili, ecco quali sono.
Energia da biomasse: quali sono i vantaggi
Sebbene l’energia solare e quella eolica negli ultimi anni abbiano assunto un ruolo sempre più centrali tra le fonti di energia rinnovabile, non sono mancate difficoltà e problemi che ne hanno reso l’uso talvolta poco efficace.
L’energia da biomasse, per quanto ritenuta altamente inquinante da una parte, dall’altra è stata in grado di superare alcuni limiti imputabili ad altre forme di energia rinnovabile, quali lo stoccaggio e la discontinuità.
L’uso delle centrali a biomasse per la produzione di energia ha dunque innumerevoli vantaggi, eccone alcuni tra i più importanti:
- Continuità
L’ energia da biomassa assicura una notevole continuità di erogazione, oltre a poter essere interrotta in qualsiasi momento e ad essere ampiamente disponibile.
- Semplicità d’uso e riduzione costi
La tecnologia di cui si serve una centrale a biomassa è elementare e facilmente reperibile, ciò la differenzia dalla maggior parte degli impianti sofisticati (come il solare termico, il geotermoelettrico o l’eolico), favorendo l’accesso anche con investimenti ridotti.
- Migliore gestione dei rifiuti
Le centrali a biomasse per produrre energia si avvalgono di un efficace processo di riciclo tramite riutilizzo degli scarti.
Ciò si traduce in una riduzione degli sprechi e in una migliore gestione dei rifiuti in quanto una parte degli scarti sono di origine naturale.
Centrale a biomasse: alcuni consigli per ridurre l’inquinamento
Se è vero che il dibattito tra i sostenitori e i detrattori delle centrali a biomasse oggi risulti controverso e ancora irrisolto, esistono alcuni accorgimenti per ridurre l’impatto ambientale dell’energia derivante dalle biomasse e migliorare l’efficienza d’uso di questa tipologia di impianti.
A confermalo è l’Associazione di categoria della bionergia, che, pur riconoscendo l’elevato potere inquinante delle centrali a biomasse, evidenzia come la sostituzione di vecchi impianti a legna per il riscaldamento domestico con moderne stufe e caldaie che consentano la gassificazione prima della combustione assicuri una notevole riduzione delle emissioni inquinanti.
La tossicità delle emissioni degli impianti a biomassa andrebbe ridotta, inoltre, favorendo un funzionamento ottimale tramite un’installazione efficace ed una manutenzione eseguita periodicamente nel rispetto di fondamentali regole.
La sostituzione dei vecchi impianti con sistemi ad alta efficienza energetica è, d’altra parte, incentivato dalle detrazioni fiscali, in particolare dal Conto Termico, che consente di rientrare nella spesa in un periodo di tempo piuttosto breve.
La posa in opera di impianti di grandi dimensioni, come quelli a legna o a pellet condominiali o di teleriscaldamento di quartiere, assicura, infine, una gestione adeguata ed una riduzione delle emissioni inquinanti resa possibile anche da un ideale sistema di filtraggio.