Il tema del riscaldamento globale è, al giorno d’oggi, più vivo che mai. E non è un bene. Nella storia della Terra si sono registrate diverse variazioni del clima, riconducibili principalmente a eventi di origine naturale.
Ma quello che stiamo attraversando, ormai da decenni, è un evento diverso: per riscaldamento globale s’intende infatti un fenomeno d’incremento delle temperature medie della superficie della Terra, non riconducibile a cause naturali. Gli effetti sono (e saranno) a dir poco devastanti e potrebbero non essere più risolvibili. Vediamone una parte significativa.
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Effetti del riscaldamento globale
- Aree sempre più soggette a fenomeni di desertificazione, causati soprattutto dall’assenza prolungata di precipitazioni atmosferiche per effetto della siccità.
- Lo scioglimento dei ghiacci.
- Innalzamento del livello dei mari.
- Riscaldamento degli oceani e gravi danni ecologici, con cambiamenti faunistici non naturali e inondazioni di molte zone costiere.
- Acidificazione degli oceani.
- Cambiamenti nella circolazione atmosferica ed oceanica, con eventi meteorologici estremi (cicloni, aumento delle temperature, ondate di caldo, ecc.).
- Estinzioni in seguito ai cambiamenti dei diversi habitat.
- Danni economici, sociali e sanitari (emigrazioni di massa, malattie di origine tropicale ecc.).
Le cause del cambiamento climatico
Tutti i principali fattori ai quali è attribuito il cambiamento climatico sono legati alle attività dell’uomo. In particolare:
- Incremento della concentrazione di gas serra nell’atmosfera: i principali sono il vapore acqueo, l’anidride carbonica (CO2), il metano, l’ozono. Questi si comportano come una sorta di filtro che lascia passare l’energia del Sole, ma assorbe le radiazioni emesse dal nostro pianeta, creando così una sorta di “effetto serra” attorno alla Terra;
- A partire dalla rivoluzione industriale, la combustione dei giacimenti fossili ha permesso di liberare grandi quantità di anidride carbonica;
- Cambiamenti sulla superficie terrestre, come la deforestazione;
- Industria, agricoltura e allevamenti intensivi. Un recente studio ha rilevato come questi ultimi in particolare siano responsabili dell’emissione in atmosfera del 51% dei gas serra.
Gli effetti del cambiamento climatico, quindi, sono intorno a noi, persino quelli più “ipotetici”. Uno studio pubblicato nel 2016 su Environmental Research Letters ha mostrato che il 97% degli scienziati sostiene l’origine antropica, quindi che la causa scatenante di tutto questo disastro sia proprio l’uomo. E i dati lo dimostrano: andiamo perciò a vedere alcuni dei grafici più significativi e come leggerli.
I grafici sul riscaldamento globale
Prendiamo, ad esempio, il grafico in cui vengono mostrate le anomalie nell’andamento delle temperature medie annue globali dal 1918 al 2017, rispetto alle temperature medie nel periodo 1901-2000. Stando al report State on Climate in 2017 (elaborato dalla American Meterological Society), il tasso di riscaldamento è quasi raddoppiato dal 1975, arrivando a 1,5-1,8°C per secolo.
Per quanto riguarda la situazione italiana: il nostro Paese si è riscaldato di circa 2°C nell’ultimo secolo.
I ghiacci dell’Antartide sono molto importanti per geologi e climatologi: analizzando la composizione delle carote di ghiaccio a diverse profondità (che corrispondono a diversi periodi geologici) è possibile infatti ottenere informazioni sulla composizione chimica dell’atmosfera dell’epoca.
Un lavoro di questo tipo è stato fatto anche da un’équipe di scienziati dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Cnr (Idpa-Cnr). Essi hanno dimostrato che circa 20mila anni fa, al termine dell’ultima era glaciale, la temperatura antartica è salita contemporaneamente all’aumento di anidride carbonica nell’atmosfera.
Questo dimostrerebbe che non solo la concentrazione di anidride carbonica ha giocato un ruolo essenziale nell’aumentare la temperatura media globale della Terra, ma potrebbe essere stato uno dei fattori scatenanti.
Un altro grafico interessante mostra l’andamento temporale dell’emissione di CO2 nell’atmosfera rispetto alla media e permette di notare il vertiginoso aumento della sua concentrazione a partire dalla Rivoluzione Industriale in avanti. La Nasa ha elaborato altri dati, allargando la finestra temporale di osservazione fino a spingersi a circa 400mila anni fa, e il dato è ancora più significativo.
A gennaio 2018, il Goddard Institute for Space Studies della Nasa (Nasa-Giss) e la Fao hanno pubblicato una statistica degli anni di caldo eccezionale, paese per paese. I dati mostrano chiaramente come le ondate di calore estreme siano sempre più frequenti.
Nel 2016 il Wall Street Journal e The Australian (come molte altre testate) hanno mostrato un grafico presentato al Congresso americano da John Christy. Egli è Professore di scienza atmosferica e direttore dello Earth System Science Center alla University of Alabama di Huntsville, ed è fermamente convinto che il sistema climatico sia piuttosto insensibile alle emissioni di gas serra. Il grafico in questione rappresenta una comparazione della temperatura reale dell’atmosfera terrestre con le stime dei modelli climatici, per mostrare che questi ultimi sono poco attendibili nel prevedere le modifiche del clima.
Inoltre, il grafico presenta un bel po’ di problemi:
- I dati sono allineati male: è una scelta volta a esagerare visivamente ogni differenza tra il modello e i dati reali, che invece andrebbero mediati su periodi di dieci o trent’anni per far sì che le anomalie puntuali (nel modello o nei dati), relative a un singolo anno, non falsino l’allineamento.
- Non sono mostrate le barre di incertezza sulle previsioni del modello e sui dati.
- Le medie presentate sono eseguite su dati che sembrano provenire da osservazioni del tutto diverse, in alcuni casi neanche in accordo tra loro.
- Il grafico non è riproducibile né verificabile: Christy non spiega esattamente di quali database si è servito, e potrebbe aver “casualmente” dimenticato quelli che invece includono temperature più elevate.
- Le misurazioni atmosferiche sono decisamente meno precise di quelle terrestri, che invece possiamo misurare con strumenti molto più affidabili.
Conclusioni
Da ormai parecchi decenni sappiamo con sempre maggiore precisione che la temperatura del 2050 non dovrà aumentare di oltre 1,5 gradi rispetto ai livelli pre-industriali, se vogliamo evitare un disastro ingestibile nell’ecosistema globale e in tante singole aree. Insomma, se non interveniamo immediatamente su vari fronti e se non contribuiamo a una riduzione delle emissioni dei gas serra, rischiamo di arrivare a un punto di non ritorno.
Nel dicembre 1997, con il protocollo di Kyoto, si era adottata una strategia di impegni scadenzati e vincolanti. Il protocollo entrò in vigore solo 8 anni dopo e progressivamente quella strategia è stata abbandonata, creandone un’altra nell’ultimo decennio. Ci si potrebbe facilmente aspettare che a Glasgow, nel dicembre 2021, Cop26 (la 26° Conferenza sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite) prenderà atto, in maniera triste ma necessaria, della conclusione del vigore del Protocollo di Kyoto del 1997 e tenterà anche di fare il punto sulla inadeguata attuazione dal successivo Accordo di Parigi della Cop21 del 2015, dopo sei anni.
Prima di terminare il nostro articolo, vorremmo ricordarvi che tutti noi, nel nostro piccolo, possiamo migliorare notevolmente la situazione. Ecco qualche utile accorgimento per far sì che le nostre attività umane possano contribuire al meglio:
- Utilizzare mezzi di trasporto sostenibili.
- Ridurre gli sprechi di acqua e di energia.
- Scegliere prodotti ecologici.
- Mangiare sano, a km 0, ed evitare di mangiare carne in quantità smisurata e ogni giorno.
- Occuparsi di piantare nuovi fiori, alberi, aiutare insomma a creare più verde intorno a noi.
- Sensibilizzare gli altri.