Sono sempre più frequenti le manifestazioni che periodicamente si svolgono a livello globale in cui è possibile leggere slogan come “There is no Planet B”; il tema del cambiamento climatico non può più essere considerato come argomento secondario che non ci riguarda da vicino e se si vogliono evitare la crisi climatica ed ecologica è ora che si cominci a trovare delle soluzioni efficaci per arrestare la sesta estinzione di massa a partire dai nostri governi.
Per questo motivo dal 31 ottobre di quest’anno fino al 12 novembre si è tenuto in Scozia il vertice COP26 in cui è stato firmato dai 197 paesi partecipanti il Patto per il clima di Glasgow e noi di Energit abbiamo seguito con molto interesse gli svolgimenti delle discussioni tra gli stati che vi hanno preso parte.
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I primi passi per il cambiamento
Il presidente della COP26 Alok Sharma ha guidato le varie discussioni e trattative che si sono svolte alla ventiseiesima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici: questo evento ha visto impegnarsi leader mondiali, rappresentanti di governo, numerosi negoziatori, imprese e cittadini che dopo diversi giorni sono arrivati a firmare il Glasgow Climate Pact, grazie al quale sono stati definiti gli obiettivi per contrastare il grave problema dell’aumento della temperatura dovuto al cambiamento climatico.
Ma come si è arrivati alla Conferenza sul clima di Glasgow? Si può dire che tutto è iniziato nel 2015 con l’Accordo di Parigi. Questo accordo è di fondamentale importanza perché ha dato il via all’unione dei paesi concordanti a intraprendere una comune azione per il clima puntando a rallentare l’aumento della temperatura media globale al di sotto di due gradi e di ridurre questo aumento a 1,5 gradi Celsius in modo da frenare i danni causati dal cambiamento climatico. Per verificare il raggiungimento degli obiettivi preposti i paesi che hanno preso parte all’Accordo devono riunirsi ogni cinque anni per presentare i loro piani nazionali per la riduzione delle emissioni nocive, per studiare i miglioramenti raggiunti e per discutere su ciò che ancora non funziona a dovere.
La discussione sul patto per il clima, quindi, è stata ripresa con un anno di ritardo a Glasgow, in cui a partire da quanto deciso a Parigi, sono stati individuati altri obiettivi che vedono coinvolti tanto le nazioni sviluppate quanto i paesi in via di sviluppo.
Gli obiettivi della COP26
Secondo il mondo scientifico salvare il Pianeta è possibile se si evita di superare il limite di 1,5°C del riscaldamento globale, ma per farlo è necessario che tutti gli stati agiscano verso la stessa direzione e puntino alla riduzione delle emissioni di gas serra che gravano sui cambiamenti climatici favorendo eventi metereologici sempre più gravi come l’aumento delle temperature, l’innalzamento del livello del mare e degli oceani, le inondazioni, siccità e incendi; per poter fare davvero la differenza e garantire un futuro alle prossime generazioni è necessario che si agisca anche a livello normativo, in modo che i paesi che aderiscono al patto per il clima siano vincolati a raggiungere un effettivo miglioramento climatico, in primis al taglio delle emissioni.
Quali sono quindi gli obiettivi che devono essere raggiunti secondo il Glasgow Climate Pact?
Gli obiettivi fissati a Glasgow possono essere suddivisi in quattro macroaree:
- mitigazione;
- adattamento;
- finanza;
- collaborazione.
Mitigazione
Con la mitigazione si intende dimezzare le emissioni entro il 2030 e di azzerarle totalmente entro metà secolo; per il raggiungimento del taglio delle emissioni sono nate diverse polemiche, poiché non è stata fissata una data precisa. Questa indicazione molto generica è stata fortemente voluta da quei paesi che non possono garantire per tempo un taglio netto alle emissioni: Cina, India e Russia sono i fautori del deludente risultato, che nel Patto per il clima si concretizza nella frase “ridurre gradualmente l’uso del carbone e i finanziamenti per i combustibili fossili”, contro la proposta iniziale che prevedeva un impegno più deciso per “eliminare gradualmente l’uso del carbone e i finanziamenti per i combustibili fossili”. Rimane tuttavia la volontà di mantenere il riscaldamento globale sotto all’1,5°C.
134 paesi tra cui il Brasile hanno confermato il loro impegno per fermare la deforestazione entro il prossimo decennio e per proteggere le popolazioni autoctone come quelle indigene; tanti altri, tra cui l’Italia hanno firmato per bloccare i finanziamenti delle centrali a carbone all’estero e a investire invece sulle risorse rinnovabili: 11 case automobilistiche hanno affermato che entro il 2035 venderanno solo veicoli ad emissioni zero.
Adattamento, finanza e collaborazione
L’obiettivo dell’adattamento è volto a trovare una difesa contro i danni causati dal cambiamento climatico, poiché ci sono già delle parti del mondo che sono più esposte ad eventi metereologici estremi; per questo motivo è necessario proteggere e rimettere in sesto gli ecosistemi attraverso agricolture resilienti, progettare mezzi di difesa e di allerta per non esporre a pericoli abitazioni e ovviamente vite umane.
Tutti questi cambiamenti non possono essere intrapresi se ogni paese e in particolare le nazioni sviluppate non si impegnano anche attraverso dei finanziamenti. In realtà già dall’Accordo di Parigi erano previsti 100 miliardi di dollari annui per sostentare i paesi in via di sviluppo, ma nessuno ha mantenuto con costanza questo impegno e anche a Glasgow non è stata fissata una data per dare inizio ai finanziamenti, ma ci si è limitati a invitare i paesi ricchi a raddoppiare le loro quote di partecipazione anche grazie l’utilizzo di investimenti di fonti private.
L’obiettivo della collaborazione mira a finalizzare le regole per mettere realmente in atto quanto deciso dall’Accordo di Parigi; in particolare bisogna puntare sulla collaborazione tra i vari paesi concordanti appunto, che devono impegnarsi a mantenere il riscaldamento globale al di sotto dell’1,5°C, ad essere chiari e trasparenti attraverso i contributi determinati a livello nazionale che servono proprio a dimostrare i risultati raggiunti per la riduzione delle emissioni e infine per realizzare un sistema di crediti di carbonio, ovvero le certificazioni e le autorizzazioni che danno il diritto di emettere una tonnellata di CO2 o altri gas serra, per raggiungere la totale decarbonizzazione.
Il Patto per il clima di Glasgow non è stata proprio la grande svolta che molti governi, imprenditori e attivisti di tutto il mondo si aspettavano e anche le parole del discorso conclusivo della COP26 del Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres dimostrano il dispiacere per non essere arrivati a delle azioni più decisive per salvare il mondo in poco tempo, perché, come ha detto, “il nostro fragile Pianeta è appeso a un filo”. Intanto cambiando le nostre abitudini e compiendo delle piccole azioni quotidiane possiamo contribuire a difendere il nostro Pianeta.