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    Cosa si intende per rischio elettrico?

    cosa si intende per rischio elettrico e il sistema di messa a terra

    da Redazione | 31 Gennaio 2025

    Tutti i lavori che si svolgono in presenza di una qualsiasi fonte di energia elettrica sono potenzialmente esposti al cosiddetto rischio elettrico. Pensiamo al settore dell’edilizia, metalmeccanico, agli istituti ospedalieri ecc. Ma in realtà, in tutte le nostre abitazioni sono presenti diverse apparecchiature elettriche (frigorifero, pc, phon…) che ci espongono quotidianamente a dei rischi.

    In questo articolo affronteremo nel dettaglio cosa si intende per rischio elettrico secondo la norma, quali sono le conseguenze e quali gli obblighi del datore di lavoro in materia sicurezza e cosa è la messa a terra.

    Rischio elettrico: definizione

    Il Testo Unico sulla Sicurezza (Dlgs 81/08, modificato dal Dlgs 106/09) definisce cosa si intende per rischio elettrico: “rischio che deriva dal contatto diretto o indiretto con una parte attiva e non protetta di un impianto elettrico, così come il rischio d’incendio o esplosione derivanti dal pessimo stato di manutenzione o dall’imperizia nell’impiego di impianti e strumentazione.”

    Sia il Testo Unico che la Norma CEI 11-27 sottolineano l’importanza della messa in sicurezza delle linee e degli impianti per evitare i rischi, attuando una costante manutenzione da parte di personale certificato come idoneo e qualificato per i lavori elettrici.

    Gli operatori elettrici che vanno incontro ad un potenziale rischio elettrico sono:

    • Gli elettricisti
    • Gli impiantisti
    • Gli istallatori
    • Gli addetti alla manutenzione
    • Tutti i lavoratori che operano in prossimità di impianti o fonti elettriche.

    Gli effetti dannosi sul corpo umano

    Il rischio elettrico, e più in generale l’elettricità, può dar luogo alla folgorazione o all’elettrocuzione, che può avvenire in modi diversi:

    1. Contatto diretto: si verifica quando il soggetto viene a contatto con una parte attiva dell’impianto elettrico e quindi sotto tensione.
    2. Contatto indiretto: quando il soggetto viene in contatto con una parte dell’impianto in genere non in tensione, che a causa di un guasto o di un malfunzionamento ha assunto una tensione elettrica.
    3. Arco elettrico: si ha quanto il soggetto viene in contatto con una scarica elettrica in aria generata dalla differenza di potenziale tra due punti dell’impianto.

    Ecco che effetti ha l’elettrocuzione sul corpo umano:

    • Tetanizzazione. Causa un irrigidimento dei muscoli che porta alla paralisi temporanea ma reversibile del soggetto.
    • Arresto della respirazione. L’irrigidimento dei muscoli può talvolta impedire la corretta espansione della cassa toracica bloccando la respirazione.
    • Fibrillazione ventricolare. L’elettricità impedisce il pompaggio del sangue ossigenato verso il cervello.
    • L’elettricità può causare ustioni e bruciature sulla pelle del soggetto su cu avviene il contatto.

    L’entità e la gravità degli effetti variano a seconda dell’intensità della scossa elettrica.

    Altri pericoli

    Avrete sicuramente visto molte volte degli estintori posti nei pressi di un quadro elettrico o di un impianto. La normativa lo prevede in quanto il rischio elettrico può essere dannoso non solo per l’uomo. Può provocare, infatti, anche degli incendi o esplosioni a seguito di un malfunzionamento dell’impianto elettrico, che può essere dovuto ad un corto circuito, un arco elettrico o un sovraccarico. Gli estintori sul luogo permettono, quindi, di agire rapidamente qualora si sviluppasse un incendio.

    Come evitare il rischio elettrico e come tutelarsi

    Per evitare e saper gestire questi rischi, la formazione dei lavoratori nell’ambito dei lavori elettrici è di fondamentale importanza. Le misure di gestione del rischio passano attraverso la prevenzione, che si realizza attraverso una formazione e informazione costante dei lavoratori. Gli addetti saranno così in grado di operare in sicurezza e con maggiore consapevolezza, effettuando una regolare manutenzione degli impianti e delle attrezzature in base alle normative tecniche CEI, con richiesta di rilascio di relativo attestato di conformità. Sono indispensabili adeguati dispositivi tecnici e misure di protezione individuale (come guanti e calzature antistatiche).

    I dispositivi di protezione individuale contro gli shock elettrici devono soddisfare requisiti supplementari specifici:

    • Avere un grado adeguato di isolamento.
    • Riportare la classe di protezione o della tensione d’impiego.
    • Indicare il numero di serie e della data di fabbricazione.

    La prevenzione ha lo scopo di evitare il verificarsi dell’incidente, mentre la protezione mira a limitare le conseguenze dell’incidente.

    Quali sono gli obblighi del datore di lavoro?

    In presenza di rischio elettrico in alta tensione nessun lavoro deve essere eseguito da persone prive di adeguata formazione. Il datore di lavoro ha l’obbligo di formare ed informare adeguatamente tutti i lavoratori che operano in una di queste 3 categorie di lavoro elettrico (definite dalla normativa CEI 11-27):

    1. Lavori sotto tensione svolti su parti attive di impianti elettrici;
    2. lavori in prossimità di tensione eseguiti entro una certa distanza dalle parti attive di impianti elettrici;
    3. lavori fuori tensione effettuati su parti di impianti elettrici privi di tensione.

    L’articolo 80 del Testo Unico stabilisce gli altri obblighi per il titolare dell’azienda. Il datore deve applicare le misure necessarie affinché gli impianti, i materiali, le apparecchiature e i dispositivi abbiano requisiti tali da proteggere i lavoratori da:

    • Contatti elettrici diretti e indiretti
    • Innesco e propagazione di incendi e di ustioni
    • Innesco di esplosioni
    • Fulminazione diretta ed indiretta
    • Sovratensioni.

    Il titolare deve procedere con la valutazione del rischio elettrico tenendo conto di: impianti, apparati, condizioni e caratteristiche del luogo di lavoro e dei processi lavorativi.

    La valutazione del rischio elettrico deve essere periodicamente rivista in base a cambiamenti dei processi lavorativi o dell’organizzazione aziendale.

    Il sistema di messa a terra: di quanti ohm deve essere?

    La norma CEI 64-8 e altre leggi vigenti impongono che gli impianti elettrici delle abitazioni, dei luoghi di lavoro e degli edifici pubblici siano collegati a un idoneo sistema di messa a terra. Si tratta di un dispositivo di protezione che evita alle persone di rimanere folgorate quando toccano una parte metallica dell’impianto elettrico che a causa di un malfunzionamento della linea elettrica è in tensione.

    Il sistema di messa a terra collega, attraverso degli elementi metallici, l’impianto elettrico al suolo in modo da far scaricare la corrente verso terra. Quindi, per ridurre il rischio elettrico è bene usare sempre prese con messa a terra.

    È importante sapere quanti ohm deve essere la messa a terra poiché le caratteristiche di alcuni terreni non sono idonei all’installazione di questi impianti. Chiariamo meglio questo punto.

    Valori e resistenza del terreno

    Diverse organizzazioni internazionali come l’Agenzia per la sicurezza e la salute sul lavoro e il Comitato europeo di standardizzazione elettronica hanno fornito delle linee guida per la creazione dell’impianto di terra che possano garantire la sicurezza a oggetti, macchinari e persone.

    Come si diceva prima, non tutti i terreni sono adatti ad accogliere l’impianto di terra per via delle loro specificità poiché può influire sulla resistenza di terra, che può avere dei valori superiori ai 20.000 ohm di resistività; le stesse organizzazioni internazionali hanno fissato degli standard per definire il valore della resistenza di terra. La situazione ideale è quella in cui la resistenza è pari a zero ohm, ma la maggior parte delle organizzazioni è d’accordo nel consentire l’installazione del sistema di messa a terra in aree in cui la misura della resistenza di terra indica dei valori non superiori a 5.0 ohm.

    La resistenza di terra è la resistenza che un suolo oppone alla dispersione dell’elettricità creata da una differenza di potenziale applicata tra due dispersori; per questo motivo la messa a terra dell’impianto elettrico deve essere posta in un terreno adatto.

    Sapere la resistività del suolo che dipende in primis dalla sua composizione aiuta a stabilire quanti ohm deve essere la messa a terra dell’impianto elettrico.

    Caratteristiche del suolo

    In base alla composizione del terreno, al tasso di umidità e alla temperatura si avrà una resistività del suolo differente. In genere:

    • un terreno paludoso può avere da zero a 30 ohm di resistività;
    • un terreno argilloso può avere da 50 a 500 ohm;
    • un terreno con calcare compatto può avere da 1000 fino a 5000 ohm di resistività.

    Ovviamente questi sono valori variabili ed è possibile che nello stesso perimetro si abbiano dei valori differenti a causa della diversità del terreno stesso. La resistenza del suolo ad esempio può cambiare a profondità diverse, mentre il tasso di umidità dipende dal flusso delle stagioni, dalla vicinanza di acque sotterranee e dalla stratificazione del terreno. A tal proposito, quando si deve misurare la resistività è meglio sistemare gli elettrodi ad una profondità tale in cui anche la temperatura è più stabile, ovvero sotto la linea di congelamento.

    Come abbiamo visto, i diversi tipi di terreno hanno dei valori di resistività abbastanza approssimativi, per questo motivo per ottenere dei valori più precisi si possono utilizzare diversi metodi sfruttando gli appositi strumenti di misura. La parte fondamentale di questi strumenti è l’elettrodo fatto con materiali dall’alta conducibilità come il rame e l’acciaio; nel caso in cui si riveli un’alta resistenza di terra si può cercare di diminuirla utilizzando un maggior numero di elettrodi distanziandoli nella misura corretta in modo da evitare che le zone di influenza si sovrappongano, il che non aiuterebbe alla riduzione della resistenza del suolo.

    Misurare la resistività: la legge di Ohm

    Un metodo per misurare la resistività del terreno è il metodo di Wenner che consiste nel posizionamento di quattro picchetti lungo una linea retta ed equidistanti tra loro; la cosa importante è che la distanza tra i picchetti deve essere tre volte maggiore della loro profondità di interramento. Gli strumenti di misura generano una corrente nota ai picchetti più esterni, ma la caduta di tensione misurata è quella dei due picchetti centrali; gli strumenti di misura sono in grado di calcolare il valore della resistività utilizzando la legge di Ohm che si riassume nella formula V=IR.

    Spesso dei pezzi di metallo presenti sotto terra come quelli delle falde acquifere possono alterare i risultati del test, perciò è sempre bene fare delle nuove misurazioni allineando i picchetti a 90° e cambiando di volta in volta la loro distanza e la profondità.

    Il metodo volt-amperometrico serve a misurare la capacità del sistema di messa a terra di disperdere l’energia nel suolo. Per questo test bisogna far circolare una corrente alternata di intensità continua tra l’elettrodo T da valutare e un altro elettrodo ausiliare T1 posti entrambi lungo una linea retta a una distanza di circa una ventina di metri, in modo che le zone di influenza dei picchetti non siano alterate; a metà distanza tra T e T1 viene collocato un secondo elettrodo ausiliare T2 per misurare la caduta di tensione tra T1 e T2. Anche in questo caso utilizzando la legge di Ohm lo strumento di misura è in grado di calcolare la resistenza del picchetto.

    La resistenza di terra

    Il sistema di messa a terra consente di creare un percorso per la dispersione della corrente verso terra in completa sicurezza, evitando danni alle apparecchiature collegate a un impianto elettrico e ovviamente alle persone. L’impianto di terra quindi, può essere inteso un sistema di protezione a tutti gli effetti e dato che è collegato all’impianto elettrico lavora congiuntamente al dispositivo di protezione automatico, ovvero il salvavita.

    Il salvavita blocca l’alimentazione elettrica della linea alla quale è collegato ogniqualvolta avverte una dispersione di corrente che supera i 30 millesimi di ampere. Se non ci fosse il sistema di messa a terra la corrente dispersa non sarebbe guidata verso il suolo, ma troverebbe comunque uno sbocco, ad esempio attraverso la persona che entra in contatto con la massa metallica o il corpo dell’elettrodomestico che per qualche motivo si trova sotto tensione.

    È possibile acquistare gli strumenti di misura per controllare in autonomia la presenza di un impianto di terra, l’efficienza del salvavita, il valore della misura di terra e infine il rispetto della tensione limite di 50V; il rilevamento di valori inconsueti comporta l’intervento di un tecnico o di un’impresa preposta per poter fare un controllo più approfondito ed eventualmente per poter agire e ristabilire dei valori normali che possano garantire il funzionamento di un impianto elettrico in tutta sicurezza.

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