Attualmente, il nostro Pianeta sta affrontando un’enorme sfida: quella del cambiamento climatico, con tutte le conseguenze ad esso legate. A causa dell’azione dell’uomo (e, in particolare, delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera), a partire dal XIX secolo le temperature medie globali si stanno innalzando ad una velocità superiore rispetto a quella di un ciclo di cambiamento naturale, con un allarmante ritmo medio di +0,2°C per decennio. Attualmente, la temperatura media globale si trova di 1,1°C al di sopra dei livelli preindustriali.
La comunità scientifica si trova ad oggi in quasi perfetto accordo per quanto concerne la gravità del fenomeno (detto surriscaldamento globale) e la sua causa, dovuta alle attività umane (motivo per cui si parla anche di cambiamento climatico antropogenico).
Tuttavia, nonostante le numerose prove scientifiche ed empiriche di tale fenomeno, esiste ancora un movimento di minoranza che si oppone alla visione ufficiale: parliamo del cosiddetto negazionismo climatico.
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Cosa si intende per negazionismo climatico?
Per negazionismo climatico si intende una narrativa opposta a quella proposta dal 99% degli scienziati di tutto il globo, i quali sottolineano ripetutamente la pericolosità del cambiamento climatico sia per le persone, sia per gli ecosistemi.
I negazionisti mettono in discussione le fondamenta di tale problema, se non la sua stessa esistenza. Col passare del tempo, il negazionismo climatico perde sempre di più presa e, pertanto, sono in costante diminuzione le voci che esprimono tale posizione.
In passato, tuttavia, il negazionismo climatico ha avuto ampio spazio su quotidiani, riviste divulgative, trasmissioni televisive e via dicendo. Con molta probabilità, dietro finanziamenti delle grandi industrie petrolifere.
Qual è il punto di vista del negazionismo climatico?
Entriamo ora più nel dettaglio rispetto a quale sia il punto di vista del negazionismo climatico.
In primo luogo, per i negazionisti il riscaldamento globale non sta avvenendo, o per lo meno non per origine antropica. Secondo la visione del negazionismo climatico, non vi è alcun motivo di allarmarsi in quanto, nella storia del nostro Pianeta, i cambiamenti delle temperature sono sempre avvenuti e rientrano nel ciclo naturale della Terra (il che è sicuramente vero, ma non ad un simile ritmo).
Da questo punto di vista ne consegue che, per i negazionisti, le emissioni di gas serra non svolgono alcun ruolo per il riscaldamento globale e che tale cambiamento non sia in alcun modo nocivo, né per gli esseri umani, né per il Pianeta e gli ecosistemi.
I negazionisti tendono a diffidare profondamente dell’affidabilità della scienza o della sua integrità. Inoltre, vi è un forte scetticismo nei confronti delle diverse soluzioni proposte per rallentare (o fermare) il velocissimo cambiamento climatico in atto.
Rispetto a quest’ultimo punto, lo scetticismo è principalmente dovuto a ragionamenti di tipo economico. Tuttavia, diversi calcoli statistici stimano che, dopo un periodo di pochi anni in cui il Pil ne risentirà, le varie soluzioni al problema climatico offriranno consistenti benefici economici.
Da dove nasce il negazionismo climatico?
Per capire un po’ meglio quale sia il volto del negazionismo climatico, vediamone brevemente la storia.
È stato negli anni Sessanta che, negli USA, nacquero, a seguito di alcuni studi, le prime preoccupazioni riguardo all’effetto serra ed alle sue possibili conseguenze per i ghiacciai. Poco dopo, diverse compagnie petrolifere hanno iniziato a svolgere le loro ricerche sull’argomento, senza mai pubblicare i loro risultati.
Con il passare degli anni, un numero sempre maggiore di studiosi confermò che l’effetto serra è stato causato dall’attività umana, finché tale questione arrivò alla coscienza della popolazione. Le persone hanno cominciato a preoccuparsi e a farsi domande, il che ha messo in allarme, come è ovvio, le grandi aziende più inquinanti.
Queste aziende volevano evitare che la loro produzione venisse interrotta per via della nuova consapevolezza circa le conseguenze dell’inquinamento: ecco allora che venne creata la Global Climate Coalition. La GCC si formò nel 1989 per rappresentare gli interessi dei maggiori produttori e fruitori di combustibili fossili (in opposizione ai nuovi regolamenti finalizzati a mitigare il riscaldamento globale) ed era interessata a trovare una visione opposta alla scienza, la quale confermava l’esistenza e la gravità del riscaldamento globale. La GCC non esiste più dal 2001.
Eccoci finalmente arrivati, con il nostro racconto, ad E. Bruce Harrison, esperto di public relations (PR) che, dagli anni ’70 agli anni ’90 organizzò diverse campagne contro le legislazioni ambientaliste, per conto delle industrie.
La strategia di Harrison consisteva nel reframing the issue. La sua maestria nella comunicazione portò velocemente l’opinione pubblica a considerare l’effetto serra non più come un fatto reale e di enorme gravità, ma come un’eventualità incerta e di incerte conseguenze. Ecco la nascita del negazionismo climatico: con incredibile velocità, grazie all’opera di Harrison, cominciarono a spopolare teorie negazioniste, scienziati corrotti che negavano la gravità o l’esistenza stessa del fenomeno e via dicendo. E. Bruce Harrison può essere a tutti gli effetti considerato il padre del negazionismo climatico.
Quali sono le cause del riscaldamento globale?
Le principali tre cause responsabili del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici in corso sono:
- la deforestazione (in quanto gli alberi assorbono l’anidride carbonica dall’atmosfera);
- il largo uso di combustibili fossili (i quali, durante la combustione, producono anidride carbonica e ossido di azoto);
- gli allevamenti intensivi, specialmente di bovini (in quanto i bovini producono, in fase di digestione, enormi quantità di metano).
Ognuno di questi tre punti contribuisce in maniera considerevole ad aumentare le quantità di gas serra presenti in atmosfera e, conseguentemente, a provocare il riscaldamento globale. Vi sarebbero poi altri punti da aggiungere, come ad esempio l’uso di fertilizzanti azotati, i quali emettono ossido di azoto.
Il cosiddetto effetto serra è, dunque, la causa principale dei cambiamenti climatici. Fra i gas presenti in atmosfera per via dell’azione umana, ve ne sono in particolare alcuni che trattengono il calore del sole e lo intrappolano dentro l’atmosfera, impedendogli di fuoriuscire e tornare nello spazio. Si tratta perlopiù di gas naturali che, se presenti in quantità moderate, non provocherebbero alcun danno. Ciò che rende questi gas pericolosi sono le loro elevatissime concentrazioni in atmosfera, dovute alle attività antropiche. In particolare, parliamo di anidride carbonica, ossido di azoto, gas fluorurati e metano. Per quanto riguarda l’anidride carbonica, ad esempio, basti pensare che nel 2020 la sua concentrazione in atmosfera era superiore del 48% rispetto al livello preindustriale.
Certo, vi sono anche cause naturali che contribuiscono ai cambiamenti climatici, come i negazionisti del clima non mancano di sottolineare. Tuttavia, tali cause (come i cambiamenti dell’attività vulcanica o della radiazione solare) hanno contribuito al riscaldamento globale per meno di 0,1°C nell’arco di 120 anni. Se ricordiamo che, come abbiamo accennato in introduzione, il riscaldamento attualmente in atto procede ad un ritmo di +0,2°C ogni 10 anni, è subito chiaro che la causa principale sia antropica.
Nel proprio piccolo, vi sono tante piccole buone azioni che possono contribuire a diminuire il proprio impatto ambientale. Utilizzare il più possibile la bici al posto dell’automobile, riciclare e riparare il più possibile per ridurre gli sprechi, evitare i viaggi in aereo o servirsi di fonti di energia rinnovabile sono solo alcuni dei tanti esempi di piccole ma importanti azioni che è possibile compiere per ridurre il proprio ruolo in questo drammatico fenomeno.