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    Cosa prevede l’accordo di Parigi sul clima

    accordo di Parigi sul clima

    da Redazione | 26 Marzo 2021

    La lotta al cambiamento climatico è una delle sfide più difficili che il mondo sta affrontando. L’Accordo di Parigi, stipulato nel 2015 ed entrato in vigore l’anno successivo, stabilisce un quadro globale per evitare le conseguenze dannose dei cambiamenti climatici e si basa, per la prima volta, su principi comuni validi per tutti i Paesi. L’UE e i suoi Stati membri sono tra le 190 parti che hanno firmato l’accordo di Parigi, dopo lunghi anni di dibattiti.

    Vediamo gli elementi principali stabiliti dal Protocollo sul clima.

    • Obiettivo a lungo termine: mantenere ben al di sotto dei 2 gradi Celsius l’aumento della temperatura media globale rispetto al periodo preindustriale, puntando ad un aumento massimo della temperatura di 1,5°C.
    • Ridurre le emissioni globali di CO2.
    • Tutti i Paesi, in forma giuridicamente vincolante, devono riunirsi ogni cinque anni per valutare i progressi verso gli obiettivi a lungo termine e devono informare l’un l’altro e l’opinione pubblica sui risultati raggiunti, affinché aggiornino e migliorino i loro contributi e al fine di garantire massima trasparenza e controllo.
    • Gli obiettivi di riduzione dei singoli Paesi devono essere chiari e misurabili. Ogni obiettivo successivo deve essere prefissato sulla base del precedente ed essere il più ambizioso possibile.
      I Paesi che hanno già previsto un obiettivo di riduzione fino al 2030 possono confermarlo per il periodo 2025-2030, senza dover aumentare la prestazione di riduzione.
    • Come si legge nell’articolo 6 dell’Accordo di Parigi sul clima, sono ammesse due tipi di riduzioni delle emissioni conseguite all’estero: quelle che risultano da un meccanismo regolato dall’Accordo e quelle che risultano da accordi bilaterali e multilaterali.
    • Altro elemento dell’Accordo è fornire ai paesi più poveri un sostegno internazionale continuo e più consistente all’adattamento, mettendo così fine alla distinzione di principio fra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo. L’obiettivo di riduzione di ogni Paese è quantificato in base alla propria responsabilità e alle capacità variabili in ambito climatico. I paesi sviluppati prevedono non solo di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020, ma anche di estendere questo periodo fino al 2025. Dopo tale termine, verrà stabilito un nuovo obiettivo.

     L’accordo di Parigi sul clima, inoltre, riconosce l’importanza di affrontare le perdite e le conseguenze dovute agli effetti negativi del surriscaldamento globale e il bisogno di cooperare tutti insieme, preparandoci alle emergenze e assicurandoci contro i rischi.

    La situazione dopo 5 anni dall’Accordo

    Passati cinque anni dalla stipula dell’accordo, i Paesi hanno recentemente dovuto fare i conti con gli obiettivi prefissati per il clima, anche se la pandemia ha fatto sicuramente passare in secondo piano la lotta al cambiamento climatico. Secondo la comunità scientifica, i leader mondiali non stanno mantenendo gli impegni presi. Il riscaldamento non è uguale in tutte le parti del mondo: è molto più accentuato ai poli, meno percettibile all’equatore. Anche solo un centesimo di grado in più può distruggere ecosistemi, causare la perdita di biodiversità, generare fenomeni meteorologici sempre più devastanti.

     Gli obiettivi per il 2030

    Il quadro 2030 per il clima e l’energia, approvato dal Consiglio europeo, prevede una serie di obiettivi più importanti per il periodo 2021-2030:

    • meno 40% di emissioni,
    • più 27% di rinnovabili nel consumo finale di energia,
    • più 27% d’efficienza energetica.

    L’UE si è quindi impegnata a ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. E la sua ambizione riguardo al climate change accrescerà in modo da stimolare una crescita economica sostenibile, portare benefici per la salute e l’ambiente, creare posti di lavoro e promuovere l’innovazione nelle tecnologie verdi. La Commissione deve valutare in che modo tutti settori economici possano dare il maggior contributo al raggiungimento dell’obiettivo 2030 e dovrà presentare le proposte necessarie, dopo un’attenta analisi sull’impatto ambientale, economico e sociale.

    Secondo l’ong Climate Action Tracker (Cat) per la fine del 2100 l’aumento della temperatura globale potrebbe essere limitato entro i 2,1 °C, quindi sarebbe possibile raggiungere l’obiettivo fissato dalla Conferenza di Parigi. Molti dei Paesi, tra cui Regno Unito e Unione Europea, che hanno firmato l’accordo sul clima, presenteranno nuovi obiettivi per la riduzione del riscaldamento globale entro il 2030. Ma altre nazioni più povere stanno ancora cercando di investire nel carbone.

    Sono ben 164 i paesi che non hanno presentato alcun nuovo obiettivo per il 2030 o 2050. Questo sicuramente fa pensare che sarà difficile raggiungere il target prefissato a Parigi. A riportare un po’ di speranza, ci sono i 19 paesi che hanno presentato o proposto obiettivi NDC “Contributi Nazionali Determinati”. Questi paesi producono il 14,2% delle emissioni globali e coprono il 9,5% della popolazione globale. Di queste 19 nazioni, Cile, Vietnam e Norvegia hanno già presentato un programma di riduzione dei gas serra più forte. Il Regno Unito ha solo proposto un obiettivo NDC più forte, ma deve ancora completare il piano per arrivare ad emissioni zero entro il 2050. Altri, come il Brasile, Giappone, Nuova Zelanda, Singapore e Federazione Russa hanno confermato gli obiettivi NDC, senza aumentare l’ambizione di raggiungerli entro il 2030 e entro il 2050Ci sono altri paesi, come Thailandia, Cuba, Colombia, Georgia, Moldava, che hanno presentato nuovi obiettivi, ma non hanno ancora fornito dati sufficienti per un’analisi dettagliata.

    A preoccupare maggiormente gli esperti di Climate Action Tracker sono Australia, Stati Uniti e Indonesia, che, con una popolazione molto vasta ed un’elevata incidenza nel campo delle emissioni, non proporranno obiettivi più ambiziosi. Per gli Stati Uniti, l’elezione del democratico Joe Biden a Presidente ha portato ad una rivisitazione dei programmi di contenimento dei cambiamenti climatici. Infatti, a differenza dell’amministrazione di Donald Trump, che voleva far uscire gli Stati Uniti dall’accordo, Biden ha dichiarato che la lotta al cambiamento climatico sarà uno degli obiettivi della sua agenda, proprio da questo anno. Gli USA hanno promesso zero emissioni nette entro il 2050. In questo modo si ridurrebbe la temperatura globale di 0,1°C per la fine del 2100.

    E l’Italia? Quadro clima-Energia 2030

    Il nostro Paese ha avviato una consultazione pubblica, ad ottobre 2019, per delineare la “Strategia di lungo termine” fino al 2050. L’Italia, devo porsi come obiettivo la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra (va tagliato almeno il 50% delle emissioni entro il 2030 se si vuole avere il 66% delle possibilità di un aumento di temperatura in linea con quanto stabilito). Una volta completata la strategia nazionale, verrà trasmessa alla Commissione Europea e all’UNFCCC nel rispetto dell’accordo di Parigi. A fine anno, nel mese di novembre 2021 si terrà la prossima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26), a Glasgow, a presidenza anglo-italiana. Sarà un momento decisivo, ma intanto prima di allora, sarà fondamentale fare più pressione affinché tutti i Paesi adottino piani per passare a zero emissioni nette entro il 2050.

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