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    Quando finirà il petrolio?

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    da Redazione | 31 Gennaio 2020

    31Quella del petrolio è una delle industrie più importanti nello scenario mondiale, la cui produzione continua ad aumentare alimentando nuovi significativi investimenti.

    Tuttavia, sebbene le riserve di greggio siano ancora il fulcro del mondo energetico, sembrerebbero destinate a subire un ridimensionamento di cui non si sanno ancora definire con certezza tempi ed entità.

    Quando finirà il petrolio?

    A questa ricorrente domanda si è cercato di dare risposta negli anni senza mai arrivare ad un punto fermo e spesso attraverso teorie molto diverse e contrastanti tra loro.

    Ecco quali sono le principali ipotesi sulla fine del petrolio, dalle prime previsioni agli studi più moderni fino agli scenari attuali.

    Quando finirà il petrolio: previsioni e studi a confronto

    Le origini del petrolio risalgono alla metà del XIX secolo in concomitanza con gli scavi di un pozzo negli Stati Uniti da parte del Colonello Drake, avvenuti a Titusville nel 1858.

    Fu soltanto con la sua effettiva commercializzazione, iniziata circa un secolo dopo, che il petrolio divenne la risorsa dominante nei consumi energetici facendo affiorare dubbi e domande sul suo possibile esaurimento.

    Teorie del picco dell’offerta petrolifera

    Le prime previsioni sulla fine delle riserve mondiali di petrolio risalgono al 1956, quando Marion King Hubbert, un geologo della compagnia petrolifera Shell, ipotizzò che il declino di questa risorsa sarebbe iniziata a partire dagli anni Settanta, dopo aver toccato il suo picco massimo, il famoso picco di Hubert.

    In realtà questa teoria, detta del picco dell’offerta petrolifera, pur incontrando svariati sostenitori, si rivelò incompleta poiché fondata esclusivamente su dati empirici che non tenevano conto dello sviluppo tecnologico dell’andamento dei prezzi sul mercato.

    Diversi studi a partire dagli anni Ottanta, infatti, smentirono le ipotesi di Hubert e il picco di produzione fu spostato in avanti nel tempo grazie al progresso offerto da nuove tecnologie di perforazione del terreno che hanno consentito di raggiungere nuovi depositi.

    Teorie del picco della domanda

    Di recente si sono affacciate nuove teorie, dette del picco della domanda, secondo le quali il petrolio non sarebbe prossimo ad esaurirsi ma a ridursi saranno invece i suoi consumi.

    Sebbene le risorse di greggio siano una delle fonti energetiche predilette nel mondo energetico per flessibilità e facilità di trasporto, la nuova consapevolezza nei consumi che si è sviluppata negli ultimi anni condurrà ad una sempre maggiore attenzione verso lo sviluppo sostenibile ed una riduzione delle emissioni nocive.

    Proprio i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale indotto dagli scarti dei combustibili fossili hanno spinto la comunità internazionale a siglare degli accordi per un impegno comune contro l’inquinamento, dal Protocollo di Kyoto fino all’Accordo di Parigi nel 2015.

    Ciò esige un calo netto dei consumi da fonti fossili, tra cui è incluso il petrolio, che dovrà necessariamente subire un ridimensionamento.

    Previsioni sulla fine del petrolio: studi recenti e andamento dei prezzi

    Contrariamente a quanto prevedono la maggior parte degli analisti, il Boston Consulting Group nei suoi recenti studi, sviluppati su tre scenari previsionali, ipotizza che il picco del petrolio si potrebbe raggiungere tra il 2025 ed il 2030.

    Sebbene ci si è abituati ad una costante crescita della domanda del greggio, secondo questo recente studio multidisciplinare i progressi nel campo dell’efficienza energetica e l’affacciarsi di altre fonti di energia rinnovabile con cui sostituire il petrolio potrebbero minare ogni certezza sul futuro del petrolio.

    In realtà le riserve di petrolio sembrano essere cresciute a dismisura negli ultimi venti anni, passando dai 1.141.000 barili del 1998 ai 1.730.000 del 2018, di pari passo al progresso tecnologico e all’andamento dei prezzi.

    Fin dagli anni 70, durante le due crisi petrolifere, i prezzi elevati spinsero alla ricerca di nuovi giacimenti nel Mare del Nord e in Africa, vista l’impossibilità di operare in Medio Oriente.

    Fu esattamente nel 2008 che l’impennata dei prezzi del petrolio, che arrivarono a sfiorare i 150 dollari a barile, spinse gli analisti ad ipotizzare un possibile esaurimento dei giacimenti a fronte di una domanda ormai incontenibile.

    Fortunatamente queste ipotesi furono smentite nel 2009, quando i prezzi del greggio scesero nettamente fino ad arrivare a 50 dollari, risalendo a 100 dollari soltanto nel 2014.

    La rivoluzione dei prezzi del petrolio: il fracking

    Fu la nuova tecnologia di trivellazione, definita fracking, ad innescare una vera e propria rivoluzione dei prezzi del petrolio che scesero e si stabilizzarono nuovamente intorno ai 50 dollari ma questa volta a fronte di un raddoppio della produzione petrolifera.

    Ciò avvenne in particolare nel 2018, soprattutto negli Stati Uniti e in Arabia Saudita, quando l’uso di due speciali tecniche di estrazione di idrocarburi da materia argillosa impermeabile (chiamata shale o scisti) facilitò l’accesso a nuovi giacimenti e permise di aumentare sensibilmente la produzione petrolifera nell’arco di un decennio.

    Tuttavia questo quadro roseo sembra modificarsi nel 2019 con un nuovo abbassamento delle scorte petrolifere non supportato da un calo della domanda, come evidenzia il rapporto mensile dell’Opec di Febbraio.

    Anche l’Aie (Agenzia internazionale dell’energia) sembra confermare la nuova precarietà del mercato che non potrebbe far altro che generare un rincaro dei prezzi del petrolio, come faceva presagire anche il rincaro del 30% evidenziato dall’inizio del 2019.

    A fronte di un calo delle offerte nel mercato del petrolio, si registra un parallelo calo delle scorte di greggio, la cui produzione sembra essere nettamente più bassa degli anni precedenti a causa di un crollo delle estrazioni in Venezuela e delle riduzioni operate dall’Arabia Saudita nello stesso anno.

    Quando finirà il petrolio: possibili scenari futuri

    Oggi ci si chiede ancora quanto durerà il petrolio senza mai giungere ad una risposta inequivocabile e definitiva.

    Lo stato attuale della conoscenza del sottosuolo induce ad un conteggio tecnico di 50 anni, ma le riserve di greggio potrebbero durare per altri 70 anni a fronte dei consumi attuali.

    Queste previsioni sembrano trovare conferma in un recente studio pubblicato dal sito di finanza Bloomerg, che, basandosi sugli ultimi dati forniti dal Servizio Geologico degli Stati Uniti, ipotizza la possibilità di estrarre ancora 2.000 miliardi di barili di greggio dal sottosuolo.

    Queste ottimistiche stime si fondano, in realtà, sulla considerazione dello sfruttamento dei giacimenti di territori molto estesi come quelli della Patagonia, della Rift Valley in Africa o delle sabbie dell’Alberta, in Canada, senza, tuttavia, considerare le conseguenze ambientali.

    Gli scenari futuri del mondo energetico sono sempre più orientati vero lo sfruttamento di fonti di energia quali gas e carbone, che progressivamente sostituiranno il petrolio, oltre che sul sempre maggiore ricorso a fonti di energie rinnovabili, come il solare e l’eolico.

    Proprio i progressi tecnologici e l’aumento dei prezzi del greggio potrebbero accelerare la transizione verso una nuova era, dove per la produzione di energia elettrica si ricorrerà sempre meno ai combustibili fossili orientandosi in misura sempre maggiore su fonti meno inquinanti.

    In questo contesto, il petrolio non potrà che ridurre sempre più la sua disponibilità fino a declinare del tutto, sebbene non sia dato sapere con certezza quando questo avverrà.

    Paesi quali Germania e Svizzera, così come l’Italia, da tempo sembrano aver ampliato il ricorso al gas naturale, mentre il Giappone ha aumentato gli investimenti nel gas liquefatto.

    Dunque, sebbene grandi passi verso nuove forme di energia pulita siano stati compiuti negli ultimi anni, ancora i combustibili fossili, come carbone, petrolio e gas naturale, continuano ad essere utilizzati in percentuali molto alte, che sfiorano ancora l’80%.

    La vera rivoluzione energetica si dovrà compiere riducendo drasticamente le emissioni nocive nell’atmosfera e sfruttando le energie rinnovabili derivanti da fonti a basso impatto ambientale.

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