Che cos’è la transizione ecologica?

transizione ecologica

da Redazione | 05 Luglio 2021

Con l’approvazione del decreto legge “Ministeri”, nel febbraio scorso, è nato ufficialmente il Ministero della Transizione ecologica (Mite), voluto dal governo Draghi, che sostituisce il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Questo nuovo dicastero, oltre a tutte le funzioni dell’ex Ministero, ha delle competenze chiave nel processo della transizione ecologica che riguardano soprattutto il settore dell’energia.

Ma cos’è la transizione ecologica? Vediamo gli aspetti principali e cosa sarà necessario fare per avviarla.

Transizione ecologica: un nuovo modo di produrre e muoversi

La transizione ecologica è il processo di innovazione tecnologica per realizzare un cambiamento nella nostra società tenendo conto del rispetto dei criteri per la sostenibilità ambientale.

Al centro dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite c’è proprio il tema dello sviluppo sostenibile nella dimensione economica, sociale e in quella ambientale. Tra i tanti obiettivi ci sono quelli riguardanti le misure ecologiche urgenti per contrastare i cambiamenti climatici, per tutelare gli oceani, i mari e le risorse marine e per gestire le foreste combattendo la desertificazione.

La transizione ecologica deve partire dalle persone, dal nostro stile di vita che dovrà rispettare l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e gli ambiziosi obiettivi stabiliti dall’Unione Europea per il 2030, ovvero:

  • Ridurre del 55% le emissioni di gas a effetto serra.
  • Raggiungere almeno il 32% di quota di energia rinnovabile.
  • Incrementare l’efficienza energetica di almeno il 32,5%.
  • Andare verso un’UE ad impatto zero sul clima entro il 2050: è quella che viene definita “Carbon Neutrality” cioè neutralità climatica.

La transizione energetica e la sostenibilità ambientale devono andare di pari passo con un’altra transizione che è quella digitale. Infatti, si utilizzano sempre di più soluzioni tecnologiche avanzate per risolvere emergenze ambientali, economiche e sociali.

Le strategie della transizione ecologica

Ecco alcuni punti chiave per garantire la transizione ecologica:

  1. Fonti rinnovabili: senza un aumento degli investimenti nelle forme di energia che rispettano le risorse provenienti dal mondo naturale e che quindi non inquinano e non si esauriscono, non sarà possibile nemmeno raggiungere gli obiettivi europei.
  2. Mobilità Elettrica: utilizzo dell’energia elettrica per il trasporto. Il settore dei trasporti è uno dei maggiori responsabili dell’inquinamento atmosferico. Per raggiungere l’obiettivo di 6 milioni di veicoli elettrici al 2030 bisogna investire davvero sulla mobilità cittadina, regionale e trasporto elettrico.
  3. Digital Energy: uso di tecnologie digitali avanzate lungo la filiera dell’energia.
  4. Energy Storage, ovvero accumulo e stoccaggio dell’energia in ottica di una maggiore efficienza energetica.
  5. Smart Building: realizzare edifici in cui gli impianti per l’efficientamento energetico siano gestiti in maniera intelligente e automatizzata.
  6. Economia Circolare: un’economia pensata per potersi rigenerare da sola, dove gli eventuali rifiuti vengono viste come risorse e non ci sono sprechi. Una visione nuova della produzione, del consumo, dello smaltimento e della logistica.
  7. Modello agroecologico: ridurre l’uso di pesticidi e prevedere un ulteriore aumento della superficie da dedicare all’agricoltura biologica. È necessario intervenire sul sistema degli allevamenti intensivi per ridurre emissioni e impatti su salute e ambiente.

La transizione ecologica è un processo necessario ed è forse l’ultima opportunità che abbiamo per fare qualcosa per il nostro bel Paese. Per metterla in pratica dobbiamo adeguarci rapidamente a quelli che sono i modelli dell’economia circolare.

Fornendo energia 100% GREEN, Energit punta sulla qualità dell’impatto ecologico: ci impegniamo nella tutela dell’ambiente sostenendo la produzione di energia da fonti rinnovabili sarde, vogliamo contribuire ad una rivoluzione energetica oggi indispensabile per vivere in un mondo più pulito e meno inquinato dai gas tossici in atmosfera.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), noto in generale come Recovery Plan italiano, fa parte del programma Next Generation EU, il pacchetto da 750 miliardi di euro concordato dall’UE in risposta alla crisi dovuta alla pandemia.

Il PNRR contribuirà a ridurre i divari territoriali, quelli generazionali e di genere. Esso si sviluppa su 3 assi strategici: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale. Consiste in una serie di progetti e investimenti in 6 settori d’intervento. Ciascun Stato membro deve presentare il suo programma di riforma. Alla rivoluzione verde e transizione ecologica sono stati stanziati 68,9 miliardi di euro da destinare a 4 micro-aree:

  1. Agricoltura sostenibile ed economia circolare.
  2. Energia rinnovabile, idrogeno e mobilità sostenibile.
  3. Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici.
  4. Tutela del territorio e della risorsa idrica.

L’obiettivo è quello di riparare i danni economici e sociali causati dalla pandemia e gettare le basi per un’Europa più moderna e sostenibile.

Per quanto riguarda le fonti rinnovabili, il Piano non sembra però dare molta importanza. Non vengono infatti fissati paletti chiari con cui raggiungere l’obiettivo del 72% dell’elettricità prodotta da fonti green nel 2030. Tutto viene affidato a riforme future con cui sbloccare i tanti ostacoli che da anni frenano le autorizzazioni a impianti rinnovabili.

Il ministro che guida il nuovo Ministero nel governo Draghi, Roberto Cingolani, ha ricordato che circa l’85% di energia utilizzata in tutto il mondo ogni giorno proviene dal consumo di combustibili di origine fossile, come petrolio e derivati e solo il restante 15% deriva da fonti di produzione di energia sostenibile e rinnovabile.

Seppur l’auto elettrica è un’alternativa migliore rispetto ai motori benzina e diesel, bisogna investire più che mai sulle energie rinnovabili per far sì che si risolva il problema dell’inquinamento legato al modo in cui le elettriche vengono prodotte.

I movimenti ambientalisti hanno evidenziato altre problematiche come l’economia circolare, l’agricoltura biologica, il biometano…Ci sono però anche alcuni aspetti positivi del Piano: gli investimenti nella creazione di comunità energetiche, nell’agro-voltaico, negli impianti innovativi off-shore e in una enorme rete di pista ciclabili. Sicuramente, per una reale transizione ecologica c’è ancora tanto lavoro da fare.

Le proposte di Legambiente

L’associazione ha presentato dei suggerimenti per il Ministero della transizione ecologica per alcune zone d’Italia:

  • La creazione di 100 eco quartieri e 100 mila punti di ricarica elettrica in Pianura Padana, l’area più inquinata d’Europa.
  • La digitalizzazione con banda ultra larga nelle aeree colpite dal terremoto del Centro Italia.
  • La realizzazione di infrastrutture ferroviarie per la Calabria e la Sicilia.
  • Interventi di bonifica in alcune zone del sud Italia, tra cui la Campania.
  • La costruzione di parchi eolici off-shore in Sardegna, nel canale di Sicilia e sull’Adriatico.

Anche altre associazioni hanno lanciato appelli per il rilancio delle città attraverso progetti di transizione ecologica che consistono in un aumento delle aree verdi urbane, nella costruzione di infrastrutture ciclabili e nell’intermodalità tra bici e trasporti pubblici.

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